Spedizione Manaslu Sci & Snowboard: il racconto di “Cala” Cimenti da Kathmandu

Di GIANCARLO COSTA ,

Marco e Cala in vetta al Manaslu
Marco e Cala in vetta al Manaslu

Manca poco al ritorno in Italia di Marco Galliano e Carlalberto Cimenti, previsto per domenica, e in attesa dei racconti dal vivo di quest’incredibile avventura, la discesa dal Manaslu in sci e snowboard, ecco che Cala Cimenti ha iniziato il racconto sul suo blog www.cmenexperience.com

Che riprendiamo per offrire le sue impressioni in anteprima.

“Eccomi finalmente di nuovo a scrivervi direttamente. Sono a Kathmandu già da tre giorni, e mi scuso per il ritardo, ma un po’ le commissioni, un po’ le visite mediche per i piedi e un po' i festeggiamenti, mi hanno tenuto molto impegnato.

Da quando abbiamo fatto la cima, non abbiamo avuto tanto respiro: il 4 mattina siamo arrivati in cima alle 10:00 e poi siamo ridiscesi fino al C2, il giorno dopo siamo arrivati al BC alle 12:00 e ci hanno informato che l'indomani mattina sarebbero arrivati i portatori per sbaraccare il campo e portare tutto a Sama Gaon. Una cosa un po' inconsueta. Di solito dopo la cima si fanno sempre uno o due giorni di riposo prima di iniziare il trekking di ritorno. Purtroppo quest'anno c'erano problemi di concomitanza con la partenza di spedizioni più grosse, e abbiamo dovuto anticipare la nostra partenza. Così il tempo di mangiare una porzione quadrupla di pasta e patate fritte, e subito a fare i bagagli per la partenza dell'indomani.

Il 6 partiamo verso le undici dal BC, poi breve tappa a Sama e poi inizia la nostra cavalcata verso Arugat, il termine del trekking. Dita dei piedi doloranti al limite della sopportazione, zaino in spalla e via a camminare. Il primo giorno camminiamo circa sette ore, gli altri tre dodici. arriviamo sempre a notte fonda con le frontali accese. Siamo in tre: io Marco e Simone La Terra. I primi giorni parliamo un sacco e facciamo un sacco di battute, siamo galvanizzati dalla cima. Poi, man mano che percorriamo chilometri, la stanchezza ed il dolore tremendo alle dita dei piedi per me e Simone ci fanno parlare sempre di meno e Marco inizia a lamentarsi di ogni piccolo dolore. Ci rivela anche che da giovane in vacanza il suo soprannome era "lamentos", ed ora capiamo il perche':-). In totale abbiamo percorso circa 120 km.

Il 9 ottobre arriviamo a Sotikola dove recuperiamo un fuoristrada che ci porta prima ad Arugat dove ceniamo e poi continuiamo per Kathmandu. Nove ore di fuoristrada scomodo, tutti incastrati con gli sherpa di alcune spedizioni che abbiamo reincontrato durante il cammino. Un'altra prova di resistenza... . Alle cinque del mattino finalmente raggiungiamo l'albergo in Kathmandu.

Adesso eccomi qua a scrivervi dalla capitale.

Del giorno della vetta, il resoconto e le emozioni, vi voglio scrivere in un secondo momento. Ora vi spiego solo di come e' fatta la vetta del Manaslu: la parte finale è composta da un canale di circa 45° che porta alla “rock tower”, una prima cima, qualche metro più bassa della cima vera e propria, ma che e' già considerata cima. Da qui bisogna percorrere una sottile cresta affilata di qualche centinaio di metri per raggiungere il punto più alto dove ci si sta al massimo in due. Molte volte questo tratto e' impraticabile perchè troppo instabile e pericoloso e così viene considerata cima anche solo la rock tower. Quest'anno siamo riusciti ad arrivare alla cima vera e propria, però abbiamo dovuto lasciare gli sci alla rock tower perchè c'era molta gente e avremmo dovuto fare aspettare molto le cordate di quelli che ci seguivano se avessimo voluto sciare dalla cima, così, nostro malgrado, abbiamo calzato gli attrezzi (io gli sci e Marco la tavola) dalla rock tower. Per me le prime quattro curve dalla cime nel canale sono state motivo di gioia infinita. Si realizzava un sogno, un progetto iniziato tre anni fa che non si e' concluso allora forse per mia inesperienza, ed i cui sviluppi mi hanno procurato una malattia che ha rischiato di troncare la mia carriera hymalaiana. E' difficile descrivere quelle sensazioni, la stanchezza non c'era più e la concentrazione (la neve non era facile e alla fine 45 gradi a 8100 metri sono impegnativi) però non mi assorbiva completamente. Le lacrime certo uscivano dai miei occhi, proprio come tre anni fa, ma questa volta non erano amare ma avevano il sapore dolce del miele e della soddisfazione... cacchio, stavo sciando a 8000 metri! Un sogno ad occhi aperti.. Adesso vi faccio vedere un po' di foto. Le prime. Ne seguiranno molte altre.

Stay in touch.

PS: per tranquillizzare tutte le persone a me vicine, non vi preoccupate, ho consultato ben due medici diversi e sembra che anche questa volta porterò a casa tutte le mie dita…

Namaste

  • Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006. Collaboratore della rivista ALP dal 2007 al 2010. Collaboratore del sito www.snowboardplanet.it nel 2007. Facebook: Giancarlo Costa

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