Tour du Grand Paradis in ricordo di Renato Chabod

Di GIANCARLO COSTA ,

Logo Tour du Grand Paradis tratto da un disegno di Renato Chabod
Logo Tour du Grand Paradis tratto da un disegno di Renato Chabod

Il Tour du Grand Paradis – Trofeo Renato Chabod, è una gara di scialpinismo che ricorda la figura di Renato Chabod, pioniere dell’alpinismo valdostano negli anni ‘30 con alcune delle grandi salite dell’epoca come la Nord del Gran Paradiso, la Nord dell’Aiguille Blanche de Peuterey, la Sud del Mont Maudit e la ripetizione della Nord delle Grandes Jorasse. Lo stesso logo della gara, che stilizza il “Gran Paradiso dal Tramouail di Djuan”, è stato da lui disegnato per la collana Guida dei Monti d’Italia
Ebbe cariche istituzionali come la presidenza della Società delle Guide di Courmayeur e la presidenza generale del CAI, per poi passare alla politica fino a diventare Vicepresidente del Senato, seconda carica dello Stato Italiano.

E’ la figlia Adriana a ricordarlo con queste parole.

“Le immagini più belle che io ho del papà a Valsavarenche, il suo “luogo del cuore” in cui il prossimo 29 aprile sarà ricordata la sua figura di alpinista -mai e poi ancora mai avrebbe potuto essere scelta località migliore per questo evento, sono legate più al mondo familiare che a quello della montagna intesa come pratica dell’alpinismo; sono immagini di affetto, unione, condivisione, protezione, serenità ma anche di severità e disciplina.

Appesi al chiodo corda, piccozza e ramponi fin dal lontano 1939, nella piccola baita del Tramouail de Djouan (a quota 2400m ubicata su un costone erboso, alla base della Roletta, in un punto defilato di quel balcone naturale che offre una stupenda vista sul Gruppo del Gran Paradiso e, volgendo gli occhi a nord, sul Grand Combin) l’avvocato e il politico, rispettati ma anche temuti per la dirittura morale, il rigore e la probità, lasciavano il posto ad un marito premuroso e a un papà affettuoso, gioviale e severo allo stesso tempo, riservato eppure sempre presente.

Fra i tanti, indimenticabili momenti di quella irripetibile vita familiare, così preziosa nella mia infanzia, ce n’è uno che ricordo sempre con particolare commozione perché lo ritengo la più evidente manifestazione dello spirito di protezione e difesa innato nel papà, in questo uomo di poche parole, scevro da smancerie che, un po’ celiando, soleva ripetere di sé:<sotto una rude scorza batte un nobile cuore!>
Almeno per due volte durante l’estate, i pastori dell’alpeggio di Djouan portavano le mucche a pascolare al Tramouail, nei prati intorno a casa. In quei giorni, in famiglia eravamo tutti indaffarati: la mamma a preparare biscotti e tè caldo per i pastori - i più intraprendenti osavano chiedere un bicchiere di vino!- e il papà, coadiuvato da mia sorella e da me, a presidiare la recinzione nel più che fondato timore che qualche mucca spaccasse o schiodasse una delle assi dello steccato nel tentativo di raggiungere un ciuffo d’erba particolarmente rigoglioso all’interno della nostra proprietà. Già protagonista di una brutta avventura, io avevo paura delle mucche e assolvevo al mio compito di sentinella con un po’ di apprensione e cautela e, chissà, forse percepito il mio disagio, una mattina, una bovina decise di mettermi alla prova muovendo alla carica a testa bassa; ma il papà se ne accorse, mi gridò solo <corri, Adriana, corri, corri!>, spalancò le braccia, mi afferrò e facendomi volare sopra la staccionata mi strinse a sé.

C’erano tanto affetto lassù, nella baita del Tramouail, ma anche tanta disciplina, quella dura, imposta dalla legge della montagna che non concede sconti a nessuno, nemmeno ad una bambina.
Alla domenica, mamma, papà, mia sorella Valeria ed io scendevamo in paese per la santa messa; terminata la funzione, la mamma acquistava le poche, indispensabili provviste che suddivideva nei quattro zaini – anche Valeria ed io ne avevamo uno tutto nostro, piccolo ma nostro, e anche noi due dovevamo contribuire al trasporto - poi, tutti insieme, andavamo a pranzare all’albergo Parco Nazionale e nel pomeriggio riprendevamo la lunga strada di casa. Una domenica, all’improvviso, un grosso temporale ci sorprese nel bosco; pioveva a dirotto e faceva freddo così la mamma mi avvolse nella sua giacca a vento dotata anche di un cappuccio. Superato l’alpeggio di Djouan smise di piovere; cessata l’emergenza mi tolsi il cappuccio, abbassandolo sul collo dimenticando, tuttavia, che lo stesso non era incorporato alla giacca, così il cappuccio cadde per terra dove fu trovato e raccolto dai pastori che si apprestavano ad andare al pascolo e che, ignari del dramma che si sarebbe verificato in breve tempo, me lo avrebbero consegnato solo il giorno successivo. Arrivati a casa, mi spogliai e il papà mi chiese dove fosse finito il cappuccio; risposi che non lo sapevo, che, forse, mi era scivolato via. Senza troppi indugi il papà mi ordinò di tornare indietro a cercarlo, aggiungendo che la mamma mi aveva fatto un enorme piacere privandosi di un suo indumento per farmi restare asciutta e calda e che io avrei dovuto custodirlo con la massima cura. Disperata, in lacrime, mi rimisi in cammino; Valeria, già allora generosa, solidale e altruista, da sola e d’impulso, decise di accompagnarmi per aiutarmi nella ricerca. Così, mentre il papà teneva sotto controllo tutta la situazione sorvegliandoci da lontano, noi due sorelle scendemmo per un lungo tratto di strada, purtroppo, invano. E mentre Valeria non si stancava di andare avanti e indietro frugando ogni dove, poco lontano dal sentiero io scorgevo nell’erba piccoli ovuli bianchi che mi affrettavo a raccogliere a piene mani, pensando che portando a casa dell’ottimo cibo la punizione avrebbe potuto essere più lieve. Deluse e avvilite, con il calar del buio, tutte e due di comune accordo decidevamo di tornare a casa, dove io mi aspettavo di essere accolta con un severo <…e adesso vai a letto senza cena!>; invece nulla di questo perché trovai un piatto di minestra bollente e solo più una piccola dose di rimproveri.
Ancora adesso, quando ripenso a questo episodio, provo gratitudine per il papà, per la sua severità, per avere avuto il coraggio di insegnarmi con una punizione indiscutibilmente molto dura che bisogna rispettare le persone, gli oggetti e tutto quanto ci è offerto con generosità: è la legge della montagna, di un ambiente che può essere ostile all’uomo e che tassativamente impone di fare tesoro di tutto ciò che si ha a disposizione.

Accanto a questi due episodi che ho impressi a fuoco nella memoria, ce ne sono infiniti altri che ripropongono la vita di quattro persone che, ogni anno, nella baita del Tramouail, immerse nella solitudine e nel silenzio, riscoprono la gioia dell’unità della famiglia, il piacere di stare tutti insieme e di condividere tutto: una gita, una mattinata aggrappati al binocolo per controllare gli alpinisti impegnati nella scalata del Gran Paradiso, un pomeriggio passato ad aggiustare i ruscelli o a spaccar legna o ad aspettare che la marmotta con la tana vicino a casa esca dal suo buco nella speranza di riuscire a fotografarla e… tanto altro ancora, come il tentativo mal riuscito di una lezione di arrampicata.
Nella vasta zona morenica accanto a casa il papà aveva adocchiato un grosso roccione con buoni appigli e una piccola fessura, ideale per il chiodo con cui fare sicurezza. Mi cimentai per prima, stavo andando proprio bene, ma all’improvviso il chiodo cedette ed io caddi. Fu Valeria con la sua prontezza di spirito a spingermi, nella fase di atterraggio, lontana da un sasso appuntito, così permettendomi di cavarmela solo con una bella botta al fianco e nulla di più. Ma il papà si spaventò molto più di noi due sorelle e senza esitazione decise che nell’avventura di quella mattina si erano materiati l’inizio e la fine della carriera alpinistica di noi figlie cui, da quel momento, avrebbe consigliato solamente gite in mezzo ai prati! E così il cerchio si chiude, con il ritorno a quello spirito di protezione e difesa da cui ho preso le mosse per la narrazione di questi brevi momenti di vita familiare al Tramouail de Djouan.”

Ricordiamo che le iscrizioni alla gara si chiuderanno al raggiungimento di 150 squadre.

Informazioni: www.tourdugrandparadis.it

  • Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006. Collaboratore della rivista ALP dal 2007 al 2010. Collaboratore del sito www.snowboardplanet.it nel 2007. Facebook: Giancarlo Costa

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